I Comuni

Nove Comuni, ognuno con le sue caratteristiche e peculiarità, uniti e divisi da una storia lunga, fatta di eventi e campanilismo, ma che si uniscono in un denominatore comune.

Barberino di Mugello

Barberino di Mugello occupa la parte occidentale della vallata del Mugello. Il fiume principale che attraversa la valle è la Sieve, che nasce proprio nel territorio comunale nella zona di Montecuccoli (Caposieve). Le caratteristiche naturali hanno favorito la presenza umana fin dalla preistoria. Recenti scavi per l’invaso di Bilancino hanno riportato alla luce le tracce di un accampamento stagionale di cacciatori risalente a circa 30.000 anni fa. Secondo la tradizione, la tribù ligure dei Magelli fu la prima ad abitare la zona, ma si ritiene che già altri popoli risiedessero stabilmente nell’area prima dell’invasione etrusca. A Barberino rimane il ricordo di un'antica strada romana, prima etrusca, che passava su questo territorio e stazionava a Vigesimo nella ventesima pietra miliare (ad vigesimum lapidem) che i romani avevano posto sulla strada che giungeva da Firenze a Fiesole e portava nell'Emilia-Romagna attraverso le Croci di Combiate dove esistono testimonianze della presenza del popolo romano: frammenti di vasi e resti di mura. È accertato che sulla riva destra del torrente Stura esistesse il borgo di Vigesimo che è l'origine del borgo di Barberino. Il borgo di Vigesimo coincide con il luogo dove sorge anche l'omonima abbazia di Santa Maria a Vigesimo che, negli anni 2000, è stata oggetto di un consistente intervento di restauro che ne ha anche cambiato la funzione da sede religiosa a residenziale. Questa badia infatti fu fondata da san Giovanni Gualberto nell'XI secolo come ospizio per i viandanti che transitavano in direzione del Passo della Futa. All'interno del complesso era presente un chiostro con il pozzo esimio esempio di architettura abbaziale del quale oggi, dopo l'intervento suddetto, non rimane più memoria. Il centro di Barberino di Mugello nacque nel Medioevo con la costruzione della strada della Futa, diventando presto un importante snodo economico. Il nome deriva dallo stemma della famiglia Cattani di Combiate, raffigurante un uomo con tre barbe, a cui si attribuisce la costruzione del Castello di Barberino nell’XI secolo. Il periodo di maggior splendore si ebbe sotto il dominio mediceo nel XVI secolo.

Un sito di grande interesse è il Lago di Bilancino, un bacino artificiale nato con lo scopo di regolare le piene della Sieve e dell’Arno e di fungere da riserva idrica per Firenze. Negli anni, il lago ha assunto anche una forte valenza turistica, diventando una importante meta per attività sportive e ricreative. Il progetto della diga risale agli anni Cinquanta, ma la realizzazione è iniziata negli anni Ottanta ed è stata completata nel 1996, con apertura al pubblico nel 1999. Nella zona del lago è presente un'oasi naturalistica del WWF, che si estende per venticinque ettari tra l'Appennino tosco-romagnolo e i monti della Calvana. L’area è circondata da boschi, zone coltivate e pascoli, ospitando numerose specie animali come beccacce, tordi, anatre, fenicotteri rosa, cicogne bianche, usignoli di fiume, falchi e poiane.

Tra i personaggi che l’hanno resa nota, oltre ad avervi le origini la Famiglia Medici, Bartolomeo Corsini, (1606-1673), poeta giudicato il più valente del Mugello per il suo poema eroicomico Torracchione desolato, che racconta una guerra burlesca nella vallata mugellana. Il 4 gennaio 1903, gli è stato intitolato il Teatro Comunale di Barberino; Gastone Nencini (1930-1980), campione di ciclismo vincitore del Giro d’Italia nel 1957 e del Tour de France nel 1960. Nel 2007, in occasione della tappa Barberino di Mugello-Fiorano Modenese del 90° Giro d’Italia, gli è stata conferita postuma l’onorificenza "Barba d’Oro"; Giuliano Vangi (1931-), scultore e pittore di fama internazionale. Il 17 giugno 2007 ha ricevuto l’onorificenza "Barba d’Oro" e nel 2015 è stata inaugurata la Collezione Permanente Giuliano Vangi, ospitata al secondo piano del Palazzo Pretorio.


Borgo San Lorenzo

Borgo San Lorenzo, situato nel cuore del Mugello, è un paese dal passato ricco e affascinante. Le sue origini risalgono a tempi antichissimi, con insediamenti preistorici documentati nelle vicinanze di Ronta. Già dal II secolo a.C. i Romani si insediarono nella zona, creando la borgata di Anneianum, lungo la via che collegava Firenze a Faenza. Nel Medioevo, Borgo San Lorenzo fece parte inizialmente dei possedimenti degli Ubaldini, prima di passare sotto il controllo del Vescovo di Firenze, come dimostrato da un contratto del 941 in cui viene menzionata la chiesa di San Lorenzo in Mugello. La posizione strategica del borgo, che sorgeva su un importante incrocio di vie, contribuì alla sua crescita come nodo commerciale, tanto che divenne uno dei mercatali principali della zona. A partire dal XIII secolo, Borgo San Lorenzo si sviluppò sotto la giurisdizione della Repubblica Fiorentina, e nel 1300 fu cinto da mura difensive per proteggerlo dai conflitti con i ghibellini. Nel corso degli anni, il paese divenne un punto di riferimento per l'intera vallata, con il potere civile esercitato dal Vicario del Vescovo e la presenza di un Podestà inviato dalla città di Firenze. Tra le vicende più significative, si ricordano gli assedi subiti durante le lotte tra guelfi e ghibellini, come quello del 1303, e l'assalto nel 1440 da parte di Niccolò Piccinino, alleato degli Albizi contro i Medici, che però non riuscì a conquistare il borgo. Durante il periodo di assedio di Firenze, tra il 1529 e il 1530, Borgo San Lorenzo fu occupato da un capitano di ventura che lo trasformò in arsenale per la costruzione di armi da guerra. Con la caduta della Repubblica Fiorentina, il borgo entrò a far parte del principato mediceo, segnando una nuova fase nella sua storia. Oggi Borgo San Lorenzo è un luogo che conserva il fascino del suo passato, con monumenti come la Pieve di San Lorenzo, edifici storici e il bellissimo Palazzo Pecori Giraldi, oggi sede di musei e attività culturali.


Dicomano

Dicomano, situato in una posizione strategica all’incrocio tra il Mugello, la Valdisieve e gli Appennini, sorge lungo la riva sinistra del fiume Sieve, nel punto in cui il torrente Comano, con le sue acque che scendono dal gruppo del Falterona, vi confluisce. Il suo territorio, caratterizzato da un paesaggio che alterna fondovalle, colline e montagne, è ricco di boschi di castagni, cerri e faggi. Le origini del borgo sono antichissime e, sebbene non sia stato stabilito con certezza se il suo nome derivi dal fiume Comano o da un campo fortificato romano attraversato da un decumanus, la presenza etrusca è attestata dagli scavi archeologici di Frascole, che hanno riportato alla luce un’ara votiva e numerosi reperti oggi conservati nel Museo Archeologico di Dicomano. Successivamente, in epoca romana, il borgo si trovava lungo importanti vie di comunicazione tra la Val di Sieve e il Casentino, consolidando il suo ruolo di snodo commerciale e centro militare. Durante il Medioevo, Dicomano fu dominio dei Conti Guidi, potente famiglia feudale che controllava gran parte della Toscana, fino a quando passò sotto l’influenza della Repubblica Fiorentina nel XIII secolo, entrando a far parte del contado fiorentino. Il borgo si sviluppò intorno alla pieve romanica di Santa Maria, una delle più antiche della zona, e la sua funzione mercantile lo rese un importante punto di riferimento per i commerci tra Firenze, il Mugello e la Romagna. Questo passato ha lasciato un segno profondo nell’identità del paese, il cui carattere aperto e ospitale riflette la sua storia di crocevia culturale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Dicomano subì pesanti bombardamenti nel 1944 nel contesto della ritirata tedesca lungo la Linea Gotica, evento che segnò profondamente la comunità locale. Oggi il borgo conserva il fascino della sua storia, con un centro caratterizzato da edifici medievali e rinascimentali che testimoniano il suo passato e la sua evoluzione nei secoli.


Firenzuola

Firenzuola è un comune situato nell’alta valle del fiume Santerno, al confine tra la Toscana e l’Emilia-Romagna. Il suo territorio, immerso nelle suggestive montagne dell’Appennino Tosco-Romagnolo, fa parte della città metropolitana di Firenze. Il nome "Firenzuola" significa "piccola Firenze" e fu scelto per volontà della Repubblica Fiorentina, che nel 1306 fondò la cittadina come avamposto militare (Terra Nova) per proteggere il confine settentrionale dai signori feudali della Romagna. Il borgo venne fortificato con mura, torri e un'imponente rocca, divenendo un importante baluardo di Firenze nell'Appennino.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Firenzuola fu pesantemente bombardata a causa della sua posizione lungo la Linea Gotica, subendo ingenti danni. Dopo la guerra, la città fu ricostruita, mantenendo però il fascino della sua struttura medievale. Firenzuola si trova al confine tra la cultura toscana e quella romagnola, e questo si riflette anche nel dialetto parlato dagli abitanti. Il vernacolo firenzuolino presenta infatti influenze sia toscane che emiliane, con parole e inflessioni che ricordano entrambe le regioni. La cucina firenzuolina rispecchia la tradizione montanara e l’influenza toscano-romagnola, con piatti semplici ma dal sapore autentico.

Firenzuola, pur essendo stata ricostruita dopo la guerra, conserva numerosi luoghi di interesse storico e culturale. La Rocca di Firenzuola: imponente fortificazione medievale costruita dai fiorentini per difendere il territorio. Oggi ospita il Museo della Pietra Serena, dedicato alla lavorazione della pietra locale. La Chiesa di San Giovanni Battista: ricostruita dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, conserva alcune opere d’arte di pregio.

Firenzuola è il paese della Pietra Serena: la vera "ricchezza" di Firenzuola. La Pietra Serena è una roccia arenaria di colore grigio-azzurro, molto apprezzata per la sua eleganza e resistenza. Utilizzata fin dal Rinascimento per costruzioni e decorazioni architettoniche, questa pietra è legata indissolubilmente alla Toscana e, in particolare, alla città di Firenze. Le cave di Firenzuola, situate nell'Appennino Tosco-Romagnolo, sono tra le più importanti per l’estrazione della Pietra Serena. Qui si trova una variante pregiata chiamata Pietra Serena Extra Dura, caratterizzata da una maggiore compattezza e resistenza agli agenti atmosferici rispetto alla Pietra Serena tradizionale.

Questa pietra è stata impiegata in numerosi edifici storici, tra cui le colonne e gli elementi decorativi degli Uffizi a Firenze, la Basilica di San Lorenzo, con i capolavori architettonici di Brunelleschi, le scalinate e le logge di palazzi rinascimentali fiorentini. Ancora oggi, la Pietra Serena è molto richiesta nell’arredo urbano, nella realizzazione di pavimentazioni, fontane, camini e sculture. Firenzuola vanta una lunga tradizione di scalpellini, artigiani specializzati nella lavorazione della pietra. La loro maestria si tramanda di generazione in generazione, mantenendo viva un’arte che richiede pazienza, abilità e conoscenza dei materiali. Gli scalpellini lavorano la Pietra Serena con tecniche sia tradizionali che moderne, ed in paese esistono ancora laboratori artigianali dove è possibile vedere all’opera gli scalpellini e acquistare pezzi unici realizzati su misura. Uno degli esempi più moderni e prestigiosi dell’uso della Pietra Serena è nei negozi Apple di tutto il mondo. L'architetto britannico Norman Foster, incaricato del design degli Apple Store, ha scelto la Pietra Serena Extra Dura di Firenzuola per i pavimenti e alcuni elementi di arredo. Apple ha richiesto un materiale elegante e durevole, in linea con la sua filosofia di design minimalista e raffinato. La Pietra Serena di Firenzuola, con la sua tonalità neutra e la superficie uniforme, si è rivelata perfetta per questo scopo. Questa collaborazione ha dato nuova visibilità alla Pietra Serena di Firenzuola, consolidandone il prestigio internazionale.


Marradi

Marradi è un suggestivo borgo situato nell'alta Valle del Lamone, al confine tra Toscana ed Emilia-Romagna. Grazie alla sua posizione, Marradi è da sempre un punto di collegamento tra la Romagna e il Mugello. Circondato da boschi e colline, il paese offre paesaggi mozzafiato, particolarmente suggestivi in autunno, quando le foreste di castagni si tingono di colori caldi e il borgo celebra il Marrone di Marradi, il suo prodotto più celebre.

Il toponimo Marradi potrebbe derivare dal latino “Marratus”, nome proprio di persona, o dal termine marra, che indica un terreno lavorato. La storia del borgo affonda le radici in epoca romana, ma è nel Medioevo che Marradi assume un ruolo strategico. Situata lungo l'antica via di comunicazione tra Firenze e la Romagna, la zona fu a lungo contesa tra le potenti famiglie feudali, tra cui gli Ubaldini e i Conti Guidi. Nel 1350 Marradi passò sotto il controllo di Firenze e rimase legata al Granducato di Toscana fino all'Unità d'Italia. Nel XIX secolo, grazie alla costruzione della ferrovia Faentina, il borgo divenne un nodo ferroviario di rilievo per il commercio e il turismo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il paese subì gravi danni a causa dei bombardamenti alleati, essendo situato lungo la Linea Gotica.

Il cittadino più illustre di Marradi è senza dubbio Dino Campana (1885-1932), poeta visionario autore dei Canti Orfici. La sua travagliata esistenza e la sua poesia, carica di immagini suggestive e riferimenti alla natura e ai paesaggi appenninici, hanno reso Marradi un luogo di pellegrinaggio per gli appassionati di letteratura. Dino Campana che per altro fu arrestato più volte a Marradi per vagabondaggio e disturbi della quiete pubblica. Un altro nome importante è quello del cardinale Domenico Orsini d'Aragona, vissuto nel XVIII secolo, che ebbe un ruolo di rilievo nella Chiesa cattolica. Marradi ebbe un ruolo significativo durante il Risorgimento italiano, soprattutto per il suo posizionamento strategico lungo i percorsi che collegavano la Toscana alla Romagna. Uno degli eventi più rilevanti fu il passaggio di Giuseppe Garibaldi nel 1849, durante la sua fuga dopo la caduta della Repubblica Romana. Garibaldi, dopo aver attraversato la Toscana e il Mugello, giunse nei pressi di Marradi accompagnato da Giovannina Bonicelli, una delle donne che lo assistettero lungo il viaggio. Qui trovò sostegno da parte di alcuni abitanti che simpatizzavano per la causa unitaria e che, rischiando la propria vita, lo aiutarono a proseguire il cammino verso l'Emilia. Nel 1860, con l’Unità d'Italia sempre più vicina, molti giovani marradesi si arruolarono volontari nelle file dell’esercito garibaldino per partecipare alla spedizione dei Mille e alle guerre d’indipendenza.

Marradi, trovandosi al confine tra due regioni, presenta un interessante misto linguistico. Il dialetto locale è di base toscana ma con forti influenze romagnole, specialmente nella fonetica e nel lessico. Questo legame con la Romagna si riflette anche nella cultura e nelle tradizioni gastronomiche del paese. Marradi è famosa per la produzione del Marrone del Mugello IGP, una delle varietà di castagne più pregiate d’Italia. Ogni ottobre si tiene la Sagra delle Castagne, con stand gastronomici dove si possono assaggiare tortelli di marroni, marron glacé, castagnaccio, farina di castagne, utilizzata per la polenta dolce e i necci o liquori e birre artigianali a base di marroni. Oltre ai marroni, la cucina marradese propone piatti di tradizione toscana e romagnola, come i tortelli di patate, la cacciagione, i funghi porcini e il formaggio di fossa.

In Marradi si trovano la casa di Dino Campana, situata nel centro storico, è un piccolo museo dedicato alla vita e alle opere del poeta; il Teatro degli Animosi costruito nel 1792, è uno dei più antichi teatri dell’Appennino, con un’elegante sala all’italiana; l’Abbazia di Santa Reparata: un antico complesso monastico situato nei dintorni, che risale al XII secolo; la chiesa di San Lorenzo: edificata nel XVI secolo, conserva opere d’arte di pregio e il ponte di Marradi, struttura medievale che attraversa il fiume Lamone, simbolo del paese.


Palazzuolo

Palazzuolo sul Senio è un affascinante borgo medievale che conserva intatta la sua autenticità. Situato nella valle del Senio, al confine tra la Toscana e l’Emilia-Romagna, Palazzuolo è un luogo ricco di storia, cultura e tradizioni, ideale per gli amanti della natura, del trekking e della buona cucina.

Le origini di Palazzuolo risalgono all’Alto Medioevo, quando la sua posizione strategica lungo le vie di comunicazione tra Firenze e Bologna lo rese un punto di riferimento per viandanti e commercianti. Nel XIII secolo, il borgo passò sotto il controllo della potente famiglia Ubaldini, che dominava l’area appenninica tra Toscana e Romagna. I Malatesta e i Medici, in seguito, si contesero questo territorio per la sua importanza militare ed economica. Durante il Rinascimento, il paese fu coinvolto nelle lotte tra Firenze e Bologna, diventando un avamposto conteso tra le due città. Solo nel XVIII secolo entrò stabilmente a far parte del Granducato di Toscana, mantenendo sempre un forte legame culturale con la Romagna.

Palazzuolo sul Senio è uno dei pochi borghi toscani in cui si parla un dialetto con forti influenze romagnole. La posizione di confine ha contribuito a una fusione culturale tra le due regioni, riscontrabile non solo nella lingua ma anche nelle tradizioni, nella cucina e nelle festività locali.

Passeggiando per Palazzuolo sul Senio si viene subito catturati dalla sua atmosfera medievale, con le strette vie lastricate, le case in pietra e le antiche torri che raccontano il passato del borgo. La Piazza Garibaldi, cuore pulsante del paese, ospita la Chiesa di Santo Stefano, edificata in epoca medievale e più volte rimaneggiata nel corso dei secoli. Nei pressi della piazza si trovano eleganti palazzi e suggestivi portici, sotto i quali si affacciano botteghe artigiane e trattorie che offrono specialità locali. Il borgo è dominato dalla Rocca degli Ubaldini, un’imponente struttura fortificata che serviva come presidio strategico e che oggi regala un panorama mozzafiato sulle vallate circostanti. Scendendo verso il fiume Senio, il paesaggio cambia e diventa ancora più suggestivo. Il fiume, che nasce sull’Appennino e attraversa il borgo con le sue acque limpide, ha modellato nei secoli la valle creando angoli di rara bellezza. Nei mesi più caldi, il fiume diventa un punto di riferimento per chi cerca refrigerio, con piccoli guadi e pozze naturali perfette per una sosta rilassante. Lungo le sue sponde si snodano sentieri ideali per escursioni a piedi e in bicicletta, che conducono a castagneti, boschi di faggi e antichi mulini ormai in disuso, testimoni del passato agricolo della zona.

Palazzuolo sul Senio vanta un patrimonio storico e architettonico di grande valore. Tra i luoghi più significativi da visitare: il Museo Archeologico dell'Alto Mugello che raccoglie reperti medievali e rinascimentali che raccontano la storia del territorio, il Museo delle Genti di Montagna, un affascinante percorso alla scoperta delle tradizioni e del modo di vivere delle popolazioni appenniniche.

La cucina di Palazzuolo sul Senio riflette la fusione tra tradizioni toscane e romagnole. Tra i piatti tipici e i prodotti locali spiccano i tortelli di patate, la polenta con funghi e cinghiale, le castagne ed i Marroni del Mugello IGP, utilizzati per preparare dolci tradizionali come il castagnaccio, formaggi e salumi artigianali miele e funghi porcini.


San Godenzo

San Godenzo è un antico borgo situato tra le montagne dell’alto Mugello, al confine tra Toscana ed Emilia-Romagna, ai piedi del passo del Muraglione e del monte Falterona, tra il Valdarno e la Valdisieve, immerso nei boschi di faggi e castagni dell’Appennino. Il paese deve il suo nome all’antica abbazia benedettina, fatta costruire nel 1028 dal vescovo di Fiesole, Jacopo il Bavaro, per onorare i luoghi dove, nel VI secolo, l’eremita San Gaudenzio soleva ritirarsi in preghiera e silenzio. L’abbazia, affidata ai monaci benedettini, rappresenta ancora oggi il monumento di principale interesse del luogo. Un episodio significativo della storia di San Godenzo è legato a Dante Alighieri: il 8 giugno 1302, all'interno dell'abbazia, incontrò gli esuli fiorentini con l'intento di progettare il rientro a Firenze, un tentativo che, però, andò presto in fumo. Nel corso dei secoli, attorno al nascente paese, i monaci interagirono con le vaste distese boschive, dando vita a riserve di legname che avrebbero poi approvvigionato la Toscana nel corso della sua storia. La zona, caratterizzata da faggi e splendide marronete, ospita coltivazioni di castagni secolari che da sempre hanno costituito la base dell’alimentazione degli abitanti di montagna. A testimonianza della vivacità culturale e artistica della zona, nella frazione di Castagno, immersa in una marroneta, nacque nel XV secolo il pittore Andrea, detto appunto “del Castagno”. La fama che il pittore ottenne con la sua attività artistica portò il borgo a mutare nome in Il Castagno d’Andrea, mantenendo viva la memoria del suo illustre concittadino. Oggi, dalla frazione di Castagno d’Andrea, si accede ad uno degli ingressi del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna, istituito nel 1993 e inserito nel 2017 dall’UNESCO tra le aree protette a motivo del grande valore delle faggete vetuste di Fratino e delle riserve biogenetiche casentinesi.


Scarperia e San Piero

Il Comune di Scarperia e San Piero nasce nel 2014 dalla fusione dei Comuni di Scarperia e San Piero a Sieve.

San Piero a Sieve, borgo storico nel cuore del Mugello, ha una storia che si intreccia con le vicende della Toscana fin dai tempi più remoti. Le più antiche tracce di presenza umana risalgono al Paleolitico Medio, con ritrovamenti di strumenti di pietra selce in località come Lucigliano, Toro e Le Mozzete. Tuttavia, è la presenza degli Etruschi che segna un momento cruciale, con scoperte come la tomba arcaica delle Mozzete e una necropoli scavate a pozzetto nella zona di Monti, risalenti al VII secolo a.C. La successiva dominazione romana ha lasciato segni indelebili, tra cui toponimi e altri reperti che testimoniano la colonizzazione della zona. Nel Medioevo, il borgo si sviluppò come un nodo viario di grande rilevanza, situato lungo l'antica strada che attraversava l'Appennino, un punto strategico per i commerci e gli scambi tra Firenze e Bologna. Il primo agglomerato urbano, che si formò attorno all'antico ponte sulla Sieve e alla chiesa plebana di San Pietro, prese il nome di Villa Sevae nel 1105, per poi divenire definitivamente San Piero a Sieve nel 1117. Il borgo fu inizialmente sotto il controllo della potente famiglia degli Ubaldini, prima di passare sotto il dominio della Repubblica Fiorentina. L'importanza strategica di San Piero a Sieve come punto di transito e mercato di bestiame favorì il suo sviluppo economico e sociale. Durante il periodo mediceo, il borgo visse una fase di espansione, diventando un centro rilevante sotto la protezione dei Medici. I Medici furono anche promotori della costruzione di un ponte in muratura sulla Sieve, che consolidò il ruolo di San Piero come punto di sosta per viaggiatori e commercianti. La politica medicea portò anche alla creazione di ospedali e strutture per l'accoglienza dei pellegrini. L'epoca rinascimentale segnò il massimo prestigio per il borgo, con la costruzione di ville e il sostegno economico che permise lo sviluppo di attività come la fabbrica di stoviglie, che divenne molto famosa. Tra il XIV e XV secolo, San Piero a Sieve si alleò con Giovanni de' Medici durante l'assedio di Scarperia e divenne capoluogo della lega di Tagliaferro, unificando i territori circostanti. Nel corso dei secoli successivi, tuttavia, il borgo conobbe periodi di declino, specialmente a partire dalla fine del XV secolo, con il disinteresse dei Medici e la successiva sottoposizione al Vicariato di Scarperia. La costruzione della fortezza medicea nel 1569 segnò una ripresa, che però fu seguita da un lungo periodo di stagnazione durante il dominio degli Asburgo-Lorena e dei Francesi nel XVII secolo. Solo con il ritorno dei Lorena e la costruzione delle nuove strade, come quella del Muraglione e della Futa, San Piero a Sieve conobbe una nuova fase di crescita economica e sociale. Il XIX secolo vide il borgo rinascere grazie alla costruzione della stazione ferroviaria, che favorì il commercio e il transito di persone e merci. Personaggi come il Conte Luigi Guglielmo Cambray-Digny, che contribuì allo sviluppo agricolo del Mugello, e il medico Pietro Cipriani, che si distinse durante il Risorgimento, lasciarono un segno indelebile nella storia locale. Nel XX secolo, San Piero a Sieve visse anche gli effetti dei conflitti mondiali, con la partecipazione attiva della comunità alla Resistenza e la figura controversa di Francesco Giunta, gerarca fascista.

Nato come Castel San Barnaba, il paese di Scarperia cambiò nome in seguito a un’evoluzione storica e linguistica: il termine "Scarperia" deriverebbe dalla parola "scarpa", riferendosi a una scarpata ai piedi degli Appennini, e l'aggiunta di "ria" potrebbe derivare dall'antico aggettivo "ostile" in italiano antico. Un'altra ipotesi, seppur meno accreditata, lo accostava al nome etrusco "Scarpius", ma questa teoria è stata ormai abbandonata. Alcuni hanno suggerito anche un'origine commerciale, legata all'attività dei calzolai, ma anche questa ipotesi non è mai stata confermata. Nel 1306, dopo la sconfitta degli Ubaldini, i feudatari del Mugello, il Consiglio dei Cento della Repubblica Fiorentina decise di fondare una cittadella fortificata in una posizione strategica sulla via Bolognese, ai piedi dell'Appennino tosco-emiliano, per proteggere Firenze dagli attacchi provenienti dal nord. Il 20 aprile dello stesso anno venne così sancito l'atto di fondazione di Castel San Barnaba, il cui nome omaggiava il santo dell'11 giugno e la vittoria guelfa a Campaldino. La fondazione avvenne ufficialmente il 7 settembre 1306. Nei primi decenni, il paese si sviluppò attorno al Castello di Montaccianico, distrutto nell’estate del 1306, e al Palazzo del Capitano della Terra Nova, che nel corso del Quattrocento venne ampliato fino a diventare un imponente Palazzo Signorile. Nel 1415, un decreto della Repubblica Fiorentina trasformò Castel San Barnaba in sede del Vicariato, affidato a un Vicario nominato dalla Repubblica, che amministrava il borgo con funzioni sia politiche che giudiziarie. Questo nuovo ruolo amministrativo, unitamente a un'esenzione decennale da tasse e balzelli, favorì la crescita demografica e il fiorire di botteghe, alberghi e osterie. Grazie alla sua posizione lungo la strada che portava al Passo del Giogo, Scarperia divenne un importante punto di sosta per chi attraversava l’Appennino. L’artigianato locale, in particolare nella produzione di coltelli e utensili da taglio, guadagnò un'ottima reputazione. Nel Settecento, con l’arrivo dei Lorena, Scarperia conobbe un rapido declino, dovuto in parte all’apertura della Carrozzabile della Futa nel 1752, che spostò il traffico commerciale lontano dal paese. Nel corso dell’Ottocento, per adattarsi alla nuova situazione, furono abbattute porte e mura che limitavano l’accesso al centro storico, cercando di abbellire l’aspetto del borgo. Tuttavia, la crisi economica peggiorò nel 1908 con l’introduzione della legge giolittiana che vietava il commercio e il porto dei coltelli a serramanico di lunghezza superiore al palmo della mano, colpendo duramente l’artigianato tipico del paese. Nonostante ciò, la tradizione dei coltelli di Scarperia è sopravvissuta fino ai giorni nostri, grazie alla qualità dei materiali e della lavorazione, ed è oggi uno dei principali fiori all’occhiello del borgo, ancora apprezzata dai collezionisti. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Scarperia fu uno dei comuni toscani designati a luogo di internamento per ebrei stranieri e dissidenti politici. Tra gli internati più noti vi furono due componenti di una famiglia slava accusata di attività anti-italiane, un fervente comunista, Umano Pozzoni, e un ebreo apolide, Leone Smulevich, che, dopo l'8 settembre 1943, trovò rifugio nelle zone limitrofe, come a Firenzuola. Oggi Scarperia è riconosciuto come uno dei Borghi più belli d’Italia, un luogo che conserva la sua identità storica e artigianale, accogliendo ogni anno numerosi visitatori che vengono ad ammirare il suo centro storico, le sue tradizioni e le bellezze naturali che lo circondano.


Vicchio

Vicchio, incantevole borgo del Mugello, è un luogo dalla storia antica e affascinante, le cui origini risalgono a insediamenti etruschi, testimoniati dagli importanti scavi archeologici di Poggio Colla condotti da università americane. La sua fondazione ufficiale risale al 1295, quando la Repubblica Fiorentina costruì il ponte di Montesassi, oggi noto come Ponte a Vicchio, favorendo così la nascita del primo nucleo abitato chiamato Vico, da cui derivò il nome attuale. Nel 1308 il Podestà di Firenze, Ugolino de Bittonio, ratificò la costruzione di un borgo fortificato, completato nel 1324 con l’erezione delle mura, sancendo l’ingresso definitivo di Vicchio nel contado fiorentino. Il paese si sviluppò ulteriormente accogliendo le popolazioni di Ampinana e delle rocche di Belfonte e Gattaia e divenne sede di una Podesteria con un proprio statuto, redatto nel 1413 da Coluccio Salutati. Vicchio rimase sempre fedele alla Repubblica Fiorentina, anche durante l'assedio del 1529 da parte delle truppe imperiali e spagnole di Clemente VII, che invasero il Mugello per conquistare Firenze. Dopo mesi di resistenza, nel 1530 il borgo fu espugnato dalle forze del Principe d’Orange. Il ruolo di Vicchio nella storia si rafforzò anche durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il 6 marzo 1944 i partigiani liberarono il paese, scatenando la violenta reazione delle truppe nazifasciste con rappresaglie e massacri, tra cui la fucilazione di cinque giovani contadini il 22 marzo e l’eccidio di Padulivo nel luglio dello stesso anno. Per il sacrificio dei suoi cittadini, nel 2003 il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ha conferito a Vicchio la Medaglia d’Argento al Merito Civile. Il borgo è celebre anche per aver dato i natali a figure di spicco della storia dell’arte e della cultura: Giotto di Bondone, nato al Colle di Vespignano intorno al 1267, la cui casa natale è oggi un museo, e Beato Angelico, che secondo la tradizione nacque nella frazione di San Michele a Rupecanina e a cui è dedicato il Museo di Arte Sacra e Religiosità Popolare. Altri illustri personaggi legati a Vicchio sono Benvenuto Cellini, che visse nel centro storico e la cui casa ospita oggi un laboratorio scuola di arte orafa, e Don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana fino al 1967, noto per il suo impegno nell’educazione e nella giustizia sociale, sepolto nel piccolo cimitero della chiesa di Barbiana. Oltre alla sua ricca storia, Vicchio offre un vivace panorama culturale con eventi come il Giotto Jazz Festival e la Fiera Calda, che ha origini nel Medioevo